Nella forma ebraica Malachia deriva da Malak-Jahveh, ossia Messaggero
di Jahveh.
Malachia "non è uno scienziato, non è un medico o un
alchimista. E' un uomo di chiesa, ossia proprio di
quell'ente religioso che da sempre ha avversato le arti
della divinazione,della profezia, dell'occultismo per intravedere
che cosa succederà oltre il velo del tempo. E' un
uomo religioso, un monaco che la Chiesa cattolica apostolica
e romana dichiara santo".
Egli fu abate di Bangor [1123] e vescovo di Condor [1125].
Canonizzato da Clemente III nel 1190, "per particolari
meriti sul campo verso la Chiesa di Roma, cattolica e papista",
San Malachia fu" arcivescovo e "primate d'Irlanda
ad Armagh sua città natale nel 1132, ma con umiltà
rinunciò alla carica per riprendere la vita di semplice
monaco. Fu amico di S. Bernardo che divenne il suo biografo
e tra le braccia del quale morì a Clairvaux il 2
novembre del 1148.
E' autore di una Profezia sui sommi Pontefici (Prophetia
de summis pontificibus), scritta probabilmente nel 1139,
che rimase però nella biblioteca dell'Abbazia di
Clairvaux ignorata fino al 1590. La Profezia fu "pubblicata
per la prima volta dal benedettino Arnoldo Wion nell'opera
Lignum Vitae, stampata a Venezia nel 1505 e che costituisce
oggi un'autentica rarità bibliografica. Fu intesa
composta prima del travagliato Conclave da cui doveva uscire
eletto Papa Celestino II, nel 1142. L'editore stesso, come
molti elementi fanno ritenere, rimase perplesso e fu propenso
a considerarla spuria, preoccupato anche delle conseguenze
che poteva avere in seguito, una volta che fosse stata diffusa
tra il popolo. Una manovra politica, una trovata di pochi
religiosi oppure un'autentica profezia? Non sono pochi coloro
che sostengono a spada tratta l'autenticità dell'opera
di Malachia. Come altri profeti minori prima e dopo di lui,
egli vide la successione regolare dei Papi sul trono di
Pietro, sino al termine, all'ultimo dei giorni, ricollegandosi
a quel tremendo 'mille e non più mille', che per
tanto tempo ha turbato le coscienze attraverso i secoli".
Con brevi motti, in questa Profezia sono descritti tutti
i Papi da Celestino II (1143-44) a Pietro II, il cui avvento
a Pontefice segnerà la fine del papato, di Roma e
del mondo. Egli dice che "questo mondo finirà
in un rogo immenso, pauroso, che divorerà tutto".
Di
Pietro II, ultimo pontefice, Malachia dice: "Nell'ultima
persecuzione della Santa Romana Chiesa, siederà Pietro
Romano, che pascerà il suo gregge fra molte tribolazioni,
dopo le quali la città dei sette colli sarà
distrutta e il Giudice terribile giudicherà il suo
popolo. Così sia".
Le simboliche descrizioni, scritte in latino, sono 111.
In esse spiccano le caratteristiche essenziali [uno stemma
gentilizio, un particolare rilevante della vita, un'azione
intrapresa, un nome, un anagramma, un periodo storico, una
città di appartenenza, una fase lunare, oppure un'opera],
dietro le quali si adombrano le identità dei futuri
papi. Ecco qualche esempio:
-Innocenzo III (1198-1216): Comes signatus, cioè
il conte segnato. Si trattava di Lotario dei Conti di Segni;
-Giovanni XXII (1316-1334): De sutore osseo, cioè
il calzolaio d'ossa. Si trattava di Jacques Duèse
(Jacobuis de Osa), figlio di un calzolaio. (188, 731).
Pur criticata dagli storici, che non la ritengono autentica,
la profezia si è finora dimostrata assolutamente
attendibile. Chiunque può provare a "collocare
ogni Pontefice con il suo motto e con le sue caratteristiche,
al giusto posto, ossia al posto che effettivamente e storicamente
ha occupato nella progressione dei pontefici" per scoprire
quanto siano sconvolgenti le analogie e le affinità,
fra ciascuno di questi motti ed il pontefice che gli corrisponde.
La lista degli ultimi otto pontefici è la seguente:
105 |
Fides Intrepida |
Pio XI |
106 |
Pastor Angelicus |
Pio XII |
107 |
Pastor et nauta |
Giovanni XXIII |
108 |
Flos Florum |
Paolo VI |
109 |
De medietate lunae |
Giovanni Paolo I |
110 |
De labore solis |
Giovanni Paolo II |
111 |
De gloria olivae |
Benedetto XVI |
112 |
Petrus Secundus |
? |
Secondo questa lista dovremmo avere ancora un Papa e poi
la fine. Personalmente credo che tra gli ultimi Papi ci
sia stato un errore di identificazione, nel senso che la
lista è sfalsata di un Papa e dovrebbe essere come quella
che segue:
105 |
Fides Intrepida |
Pio XII |
106 |
Pastor Angelicus |
Giovanni XXIII |
107 |
Pastor et nauta |
Paolo VI |
108 |
Flos Florum |
Giovanni Paolo I |
109 |
De medietate lunae |
Giovanni Paolo II |
110 |
De labore solis |
Benedetto XVI |
111 |
De gloria olivae |
? |
112 |
Petrus Secundus |
? |
Ciò sta ad indicare che dovremmo avere ancora due
Papi invece di uno. Andando a ritroso con l'interprertazione
dei motti, troviamo per primo Benedetto XVI, che dovrebbe
essere il De Gloria Olivae.
E'
su questo Papa che si concentra l'idea del "De labore
solis" e perciò della "guerra". Facciamo
qualche annotazione. La sua elezione era quasi del tutto
prevista. Perché? Con riferimento al nome scelto:
Benedetto XVI, Egli diventa il successore di quel Benedetto
XV che tentò si respingere la prima guerra mondiale.
Verosimilmente anche questo Papa cercherà di respingere
la "terza guerra mondiale", che pur è annunciata
in molte profezie. Un'altra riflessione ci suggerisce che
fu la Germania a scatenare la Prima Guerra Mondiale. Fu
sempre la Germania a scatenare la Seconda Guerra Mondiale.
Il Papa da eleggere si presentava come un possibile tedesco
a rappresentare, sia pur nella pace, quel simbolo di guerra
rappresentato proprio dalla Germania, come nota ripetitiva
della "forzata indicazione dei tempi" o dei "tempi
forti" come ama definirli la Chiesa.
Torniamo per un momento alla ormai famosa "Omelia"
di Ratzinger, nel corso della celebrazione della Messa,
subito prima del Conclave. Egli pose l'accento su due parole
molto significative: Verità e Carità, e poi
ancora Carità e Verità, sviluppate con un
elegante sillogismo teologico. La quasi certa possibilità
che doveva essere un tedesco ad essere eletto, mi ha portato
a considerare bene le parole espresse dal pontefice. Scrutando
fra i cardinali tedeschi ho visto risplendere le illuminanti
parole del Papa nel motto di un altro cardinale tedesco.
Si tratta del Cardinale Walter Kasper, Segretario prima
e Presidente poi del Consiglio Pontificio di Promozione
dell'Unità del Cristianesimo, e Cardinale diacono
di Ognissanti in via Appia Nuova a Roma, il cui motto è
proprio "VERITATEM IN CARITATE". Cosa significa
tutto ciò? Quella citazione, nel mentre sembrava
voler dare un indirizzo al futuro pontificato, nascondeva
in realtà un chiaro "invito" ai Cardinali.
Quale? Questo: "Se proprio non volete eleggermi Papa
a causa della mia età non più giovanissima,
allora vi indico con il motto "VERITATEM IN CARITATE"
il più giovane settantaduenne Cardinale Kasper",
sempre un tedesco. Poi le cose sono andate come sappiamo
e perciò ogni cosa è tornata più giustamente
al suo posto, essendo la figura del Cardinale Ratzinger
una chiara "emanazione" di Giovanni Paolo II il
quale per oltre 24 anni lo ha tenuto al suo fianco. Ratzinger
restava comunque una figura dominante e molto nota nell'ambito
del Conclave. I molti e "freschi Cardinali" che
certamente non avevano una profonda conoscenza l'uno dell'altro,
ben conoscevano la figura possente del Cardinale Ratzinger
perché la stessa potesse essere offuscata da un altro
nome. Per questi motivi, non è stato difficile seguire
il corso naturale delle cose e avere uno scrutinio facile
oltre che repentino.
E' proprio su queste "movenze" che si anima e
riflette l'inconscio degli uomini. A corredo di questa argomentazione,
c'è da aggiungere che l'elezione di Benedetto XVI
è avvenuta nel giorno di Marte, espressione del dio
pagano della guerra che dà l'esatta misura del guerriero
sassone.
A
Giovanni Paolo II, non corrisponde il motto De Labore Solis.
Ma è proprio da questo Papa che si possono ristabilire
le cose. Egli corrisponde al motto De medietate lunae, chiamato
così, non solo perché è stato eletto
in giorno di luna piena, ma soprattutto perché in
tale fase lunare sono accaduti i principali episodi del
suo pontificato tra cui il terremoto dell'Irpinia del 23
novembre 1980, e molti altri avvenimenti tragici di portata
mondiale, tzunami compreso.
A proposito di quest'ultimo Papa, "un libretto diffuso
nel 1897 in Bretagna per opera di un gruppo di protestanti,
stampato in poche centinaia di copie, non solo asseriva
che Malachia aveva visto tutto e che aveva fatto uno sforzo
per contenersi e per essere, diciamo, telegrafico, con lo
scopo di non turbare troppo le coscienze, di non ingenerare
panico negli animi, ma che disse, fra le righe, ben di più
di quanto sappiamo. Il libretto dice, per esempio, cose
interessanti sul Papa che, secondo Malachia, prenderebbe
il motto De medietate lunae, ossia del Pontefice che verrà
subito dopo Paolo VI. Scrive il libretto protestante:
"Non sarà un papa italiano ma verrà da
oltre i monti e quand'egli siederà sul trono di San
Pietro, l'uomo, prodigiosamente, sarà già
riuscito a compiere un lunghissimo viaggio aereo scendendo
fin sulla Luna dove costruirà anche abitazioni, ma
il tutto durerà poco perché la Luna è
destinata a scomparire dallo spazio, anche se l'uomo ancora
non lo sa".
"Quando il giorno sarà diventato lungo quanto
un mese, non si avvertirà più sulla Terra
l'effetto delle maree lunari ma proseguirà invece
l'azione dello splendente sole; [sarà questo il De
labore solis?} allora il giorno diventerà più
lungo di un mese. Infine la Luna si riavvicinerà
alla Terra da cui si separò tanti anni fa e diventerà
così grande per gli uomini che se la vedranno arrivare
addosso che tutti urleranno impietriti dal terrore. Nulla
di grave, poiché la Luna si avvicinerà molto
ma non toccherà affatto la Terra perché a
breve distanza da noi esploderà e andrà in
pezzi. Allora non la vedremo mai più e questo sarà
il primo di tanti segni che accompagneranno la fine del
mondo dopo che, per una sensazionale scoperta, si sarà
sprigionato sul nostro pianeta un calore terribile e mortale
più potente di quello del sole! E' facile oggi pensare
all'energia atomica".
La descrizione che il libretto fa del Papa con il motto
De medietate lunae è chiaramente riferibile a Giovanni
Paolo II, Papa, non italiano ma Polacco "venuto di
lontano", come egli stesso disse alla sua presentazione,
dal balcone della Basilica di S. Pietro, subito dopo essere
stato eletto, e non ha niente a che vedere con Giovanni
Paolo I come la maggior parte dei critici crede.
La
sera che precedette l'elezione di questo Papa, le telecamere
inquadrando la Basilica di S. Pietro, lasciavano chiaramente
intravedere, sullo sfondo, una suggestiva Luna piena. Su
di essa le telecamere effettuarono delle ripetute zumate,
quasi che l'inconscio del cameraman volesse evocare il motto
De medietate lunae che Malachia aveva previsto per questo
Papa straniero e volesse suggerire: "osservate il tempo
della Luna che accompagna il nuovo Papa!".
Per scoprire i misteri delle cose segrete occorre possedere
i barlumi dell'intuizione più che sfoggiare ghirigori
intellettuali, che spesso a nulla approdano.
Mentre in molti perdurava ancora l'incertezza sull'arrivo
della fumata bianca, in me, che ero consapevole della diversa
datazione da quella che gli storici riportano, nacque la
certezza che l'indomani avremmo avuto il Papa. Così
fu! Eletto proprio in quella notte di Luna piena.
Chi lo precede è Giovanni Paolo I che è chiaramente
Flos Florum, il Fiore dei Fiori, per essere stato Papa per
soli 33 giorni.
Prima ancora c'era Paolo VI, il quale, primo fra i Papi,
ha "inaugurato" la serie di "lunghi viaggi
in aereo", e, come "Pastor et Nauta", "ha
visitato quasi tutti gli angoli del mondo, è stato
in Terrasanta, negli Stati Uniti, in India, a Fatima, in
Portogallo, dove ha incontrato la veggente superstite, Suor
Maria Dolores; è stato a Bogotà e in Asia.
Nelle Filippine è anche sfuggito prodigiosamente
ad un attentato quando un folle travestito da prete gli
si è avvicinato contro all'aeroporto di Manila, e
per poco non lo ha pugnalato".
Prima di Paolo VI c'era Giovanni XXIII. Egli si chiamava
proprio Angelo. Non è un caso che oggi, dopo trentotto
anni dalla sua tumulazione, abbiamo scoperto che questo
"Pastor Angelicus" ha conservato incorrotto il
suo corpo.
Prima ancora c'era Pio XII [Fides intrepida], dotato proprio
di Fede intrepida. Anche Alfred Tyrel, nel suo "Le
profezie di Malachia" della Casa Editrice M.E.B., pur
attribuendo il motto Fides Intrepida a Papa Ratti, cioè
Pio XI, non può fare a meno di sottolineare che per
Pio XI la "Fides intrepida va benissimo ma coinvolge
anche il pontefice che venne subito dopo" e cioè
Pio XII. Anche l'inconscio di Tyrel sente di dilatare la
Fede intrepida che viene da tutti attribuita a Papa Ratti,
fino a spostarla su Pio XII, com'è giusto, e perciò
colpendo sia pure inconsapevolmente nel segno.
Il motto "De labore solis". non si riferisce
a Giovanni Paolo II come la critica vorrebbe, essendo chiara
l'allusione che il motto stesso fa ad una guerra di tipo
nucleare, e sarà sprigionato sul nostro pianeta un
calore terribile e mortale più potente di quello
del sole! E' facile oggi pensare all'energia atomica pur
se appaiono possibili riferimenti a fenomeni solari di particolare
rilevanza. E tutto ciò non è ancora accaduto.
Ma il fatto che il successivo Papa sia menzionato con il
motto De gloria olivae fa pensare, con più verosimiglianza,
ad una pace dopo un conflitto bellico.
Per ultimo ci sarà l'avvento di Petrus secundus
con il quale s'interromperà il lignaggio papale.
Non bisogna dare per scontata l'eventualità che l'ultimo
Papa assumerà il nome di Pietro II, perché
si tratta pur sempre di un aforisma, e sarebbe la prima
ed unica volta, nelle profezie di Malachia, che il motto
finisse per coincidere con il nome del pontefice.
Inserendo l'aforisma nella colonna dei motti, non possiamo
fare a meno di osservare che rimane bianca, con un punto
interrogativo, la casella del nome del Papa futuro.
E' assai probabile che ancora una volta si dovrà
interpretare la sibillina definizione.
L'ultimo Papa potrebbe già avere in famiglia il nome
di Pietro, e potrebbe essere il secondo figlio, o il secondo
Pietro della sua casata. Ciò salverebbe l'analogia
con il primo Pietro, anche se il Papa dovesse assumere un
nome diverso dal motto che lo definisce.
Poiché ci corre l'obbligo di essere aperti a tutto,
siamo parimenti convinti che potremmo trovarci di fronte
all'eccezione che confermi la regola cosicché l'ultimo
Papa potrebbe chiamarsi proprio come il suo motto indica,
e cioè Pietro II.
Iniziatosi
con Pietro, il lignaggio Papale si concluderebbe proprio
con un altro Pietro, il Secondo, in analogia con l'altro
aforisma dell'Alfa e l'Omega.
Malachia dice che sul trono di Pietro "siederà
Pietro Romano, che pascerà il suo gregge fra molte
tribolazioni". Questo ci dice che egli sarà
un romano di Roma? O Romano è un nome?
Per quanto riguarda il destino di quest'ultimo Pontefice,
ricordiamo che "Nostradamus annuncia che un Papa verrà
ucciso nel mese di maggio in una città bagnata da
due fiumi". Tale previsione coincide con quella della
stigmatizzata monaca agostiniana Anna Katharina Emmerich
la quale dice di Pietro II che il suo papato non supererà
la durata di un anno e che egli terminerà con la
distruzione della città che raccoglie la tomba del
primo apostolo, ossia di San Pietro.
Queste ultime previsioni coincidono anche, con la terza
parte del segreto di Fatima, rivelato il 13 luglio 1917
nella Cova di Iria a Lucia Dolores e agli altri due bambini
che erano con lei.
Il testo è il seguente:
"Scrivo in atto di obbedienza a Voi mio Dio, che
me lo comandate per mezzo di sua Eccellenza Reverendissima,
il signor vescovo di Leiria e della Vostra e mia Santissima
Madre. Dopo le prime due parti che ho già esposto,
abbiamo visto al lato sinistro di Nostra Signora un poco
più in alto un Angelo con una spada di fuoco nella
mano sinistra; scintillando emetteva fiamme che sembrava
dovessero incendiare il mondo; ma si spegnevano al contatto
dello splendore che nostra Signora emanava dalla sua mano
destra verso di lui: l'Angelo indicando la terra con la
mano destra, con voce forte disse: penitenza, penitenza,
penitenza. E vedemmo in una luce immensa che è Dio.
Qualcosa di simile come si vedono le persone in uno specchio
quando vi passano davanti, un vescovo vestito di bianco,
abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre.
Vari altri vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose salire
una montagna ripida, in cima alla quale c'era una grande
Croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la
corteccia. Il Santo Padre prima di arrivarvi, attraversò
una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo
con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena pregava
per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino;
giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi
della grande Croce venne ucciso da un gruppo di soldati
che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce,
e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i vescovi
sacerdoti, religiosi e religiose e varie persone secolari,
uomini e donne di varie classi e posizioni. Sotto i due
bracci della Croce c'erano due Angeli ognuno con un innaffiatoio
di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il sangue
dei martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinano
a Dio".
Questa visione di Lucia sembra proprio la descrizione dell'uccisione
di Pietro II, come ci dice Malachia, in contemporanea con
la distruzione della città di Roma. E' assolutamente
puerile la strumentalizzazione che ne fa il Vaticano pretendendo
di associare la morte di un pontefice e la strage che ne
segue con l'attentato a Giovanni Paolo II.
Esso è diverso dalla marcia tra cadaveri e dalla
strage esposta nella profezia di Lucia. In essa si dice
che, come il Papa, "allo stesso modo morirono gli uni
dopo gli altri i vescovi sacerdoti, religiosi e religiose
e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi
e posizioni". Nella visione di Fatima il Papa muore
insieme a molti altri rappresentanti della fede ed altre
persone secolari di varie classi e posizioni. E' una imperdonabile
forzatura voler intendere che la strage vista da Lucia si
possa accomunare all'attentato subito da Giovanni Paolo
II nel corso del quale egli non perde affatto la vita, non
si trova a salire alcun monte, non cammina affatto tra cadaveri.
Quello che maggiormente differisce dall'attentato è
la strage di "vescovi sacerdoti, religiosi e religiose
e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi
e posizioni", che seguiranno il Papa nella morte sulle
le rovine di una città distrutta.
Mentre da un lato la Cristianità parla del Giudizio
finale, Universale, da un altro lato sembra volerlo eludere.
Malachia, con profonda religiosità, si ricollega,
come tutti i profeti, proprio all'idea del Giudizio e della
Fine dei Tempi, espressioni che sono tutte intere inserite
nei Testi Sacri della Chiesa stessa. In gioco è la
paura dell'uomo, il quale è ancora incapace di prendere
consapevolezza della sua miseria e del suo limite e che
non osa travalicare la soglia della Verità. La puerile
difesa da parte della Chiesa di avvertire di "non diffondere
il panico" non è affatto considerata dai Testi
Sacri, i quali, diretti a tutti, hanno anticipato la notizia
da millenni. Il coraggio dell'uomo è consistito fino
ad oggi, nel considerare che tale catastrofe avrebbe sempre
riguardato altri di là da venire. Ma il tempo deve
pur finire e quel tempo riguarda proprio tutti noi. E' bene
sapere perché, come è scritto, "la verità
vi farà liberi".
Tutte queste cose purtroppo, dovranno ancora accadere e
saranno le dolorose, conclusive pagine della storia di questa
umanità sulla Terra.
Gennaro Anziano
In un mio prossimo articolo rivelerò l'Anno Zero
del nostro calendario, corrispondente alla nascita di Cristo
e l'anno vero della sua morte, nonché le relazioni
che sussistono tra la Cometa e la misura esatta del ciclo
di questa era.
Queste cose sono in diretta relazione con quanto scritto
nel presente articolo, e sarà possibile quantificare
con assoluta precisione la probabile data della fine.
Note:
Alfred Tyrel - "Le profezie di Malachia" - Casa
Editrice M.E.B. Torino 1973, pag 28.
Chiaravalle.
Ibidem pag. 25
ibidem pag.
ibidem pag. 133
Diretta da Ugo Dèttore - "L'uomo e L'ignoto"
- Enciclopedia di Parapsicologia e dell'Insolito - Armenia
Editore MI 1981.
Tyrel, Opera citata. pag. 163.
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