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Il Sentiero Azzurro
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L'autore "Gennaro Anziano"
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L'autore: "Gennaro Anziano"
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Gennaro Anziano è un Ingegnere Architetto, pittore, scrittore, filosofo e studioso dell'uomo e del suo universo interiore. Cultore di yoga, è allievo da oltre trent'anni di Chögyal Namkhai Norbu, uno dei più grandi Maestri tibetani contemporanei. Ha già pubblicato un'importante opera che lo ha impegnato per oltre un ventennio in ricerche e studi dal titolo:
Il Sentiero Azzurro
Dizionario della
Conoscenza
Un'opera che
tratta di
Buddismo,
Cristianesimo,
Ebraismo,
Islam,
Induismo,
Taoismo,
Yoga,
Zene delle loro dottrine segrete. |
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Prefazione di Chögyal Namkhai Norbu |
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Chögyal Namkhai Norbu |
Il libro |
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La
"realizzazione" è considerata l'estinzione
della "personalità illusoria"
dell'individuo, radice di tutti i desideri e
dei conflitti, e la visione impura è basata
sui cinque aggregati o skandha, che
costituiscono la personalità di un
individuo, e sulle cinque passioni.
Premesso ciò,
devo comunque dire che, per meglio
comprendere un'opera, occorre conoscere un
poco della "personalità' del suo autore.
Gennaro
Anziano, proiettato com'è nella dimensione
della ricerca, potrebbe sembrare una figura
eccentrica. Resta invece ben collocato nella
dimensione della realtà con la quale sa
rapportarsi, come adeguatamente si richiede
ad un praticante sulla via. Per questo, le
cose che scrive le conosce perfettamente
perché sa che l'insegnamento non è un libro
o una tradizione, ma una conoscenza che vive
all'interno dell'uomo.
Egli è uno
dei miei primi discepoli. Il nostro incontro
risale al 1970 ed i risvolti di quella
"riunificazione' appartengono ai misteri, si
dice, della vita; ma posso dire, che egli mi
conosceva, ancor prima di incontrarmi,
perché se ne ricordava dalla sua vita
precedente come ho potuto verificare io
stesso dagli scritti che mi riguardavano, e
che ebbi modo di leggere il giorno stesso
che ci incontrammo.
Da quella
data, come praticante del dzog-chen, è
impegnato, con me e con numerosi altri miei
discepoli, sia sul piano della pratica, sia
nella diffusione della cultura tibetana, sia
nella diffusione della Conoscenza. |
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Namkhai Norbu
- Ritiro spirituale a Prata (Avellino)
Italia - 1982
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Gennaro
Anziano,con la barba, è alla sinistra di Norbu,
con la sciarpa, e di fianco all'albero
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Questa sua
visione della chiarezza è uno degli elementi
fondamentali del libro, la cui stesura è una
naturale conseguenza del suo impegno, volto
al beneficio degli esseri.
E' un lavoro
di grande diligenza e scrupolo, e il suo
filo conduttore (sutra) è rappresentato
dalla vidya, cioè dalla conoscenza, uno dei
mezzi di realizzazione dell'essere umano.
Il testo è un
mezzo molto utile che può essere usato come
una chiave per la comprensione. Non si fonda
sull'argomentazione intellettuale o
filosofica, ma si propone come una via per
lo sviluppo della coscienza. In essa
l'autore ha sviluppato gran parte degli
insegnamenti che più direttamente ha
ricevuto.
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Ha viaggiato
con me in ogni parte d'Europa e del mondo,
dovunque ho avuto seminari, e ha potuto
incontrare diversi maestri e rappresentanti
della cultura tibetana. Queste esperienze
sono diventate per lui un mezzo per meglio
raggiungere il suo scopo in questo lavoro.
L'opera sembra scritta a più mani, data la
varietà degli stili che l'autore adopera.
Egli va oltre uno stile personale, che, pur
possiede. Ma ha preferito affidarsi alla
fedeltà dei testi citati, per non adombrare
con un'«impronta» personale, perciò
monocromatica, la varietà del pensiero delle
varie dottrine trattate.
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L'enfasi
dottrinaria, espressa da un diretto
protagonista non può esser resa con la
stessa intensità, da un critico, specie se
poi è costretto a rappresentare un'enfasi
contraria. Risulterebbe poco convincente per
chi si sente più vicino ad uno degli
orientamenti di pensiero. Egli non vuole
essere protagonista, ma autore fedele,
perché protagonista è la conoscenza. Questo
modo di vedere è proprio di un dzog-chen-pa:
che "lascia le cose come sono'.
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Questa non è
la sola originalità dell'opera. Nella
"tessitura' della stessa, perché di una vera
e propria tessitura si tratta, dimostra una
bravura non comune. Sviluppa il teorema
della vidya strutturandola come un mosaico
che possiede, in pari tempo, sia il
dinamismo costruttivo, sia la qualità
sintetica della rappresentazione; alla
stessa maniera con la quale si realizza un
mandala.
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Come in un
mosaico, ogni tessera, perfettamente
alloggiata, diventa protagonista e partecipa
della rivelazione grafica finale, così nel
mandala, ogni geometria dei sutra (fili),
manifesta l'unicità trascendente della
realtà. In tibetano, al posto di sutra si
adopera il termine 'mdo', che significa
confluenza' o 'unione'.
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Si tratta di
una situazione nella quale più cose tendono
ad incontrarsi, per concludersi insieme. Più
verosimilmente è il punto dove gli
insegnamenti possono incontrarsi con i
problemi della vita di tutti i giorni. Il
raggiungimento informale, tramite il
simbolo, è anche il traguardo perseguito e,
sostanzialmente raggiunto, dall'autore,
profondamente impegnato a tessere il mosaico
della vidya, che va al di là della stessa
forma dei termini della ricerca.
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La chiave
dell'opera è nell'intuizione, è essa che si
trasforma, come in un mandala, in
intelligenza o percezione trascendente, atta
a carpire il principio della realtà oltre la
forma. Il mandala è elemento iniziatico di
fondamentale utilità come supporto alla
meditazione o come strumento della memoria.
La 'sacralità' dello spazio occupato dal
mandala è pari a quella che si riscontra in
un sutra (filo conduttore) sulla vidya.
Anche il contesto verbale, relativo a quella
stessa natura della realtà che le parole
cercano di comunicare sul piano del
concetto, è commisurato alla proiezione
grafica del cosmo che il mandala esprime,
proprio perché esso è la rappresentazione
visiva di una manifestazione della
trasformazione, e uno degli elementi
fondamentali della pratica del Tantra.
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Così la
cosmologia della conoscenza possiede il
medesimo senso del sacrificio interiore
necessario per aspirare alla realizzazione.
Essendo, tuttavia, il significato di Tantra
'continuazione' o 'continuità', essa va un
po' al di là della confluenza o della unione
congiunzione, espressa dal mandala. Ciò che
quest'ultimo sembra definire, il Tantra lo
rinnova. Dal punto di vista tantrico,
perciò, la congiunzione dei sutra non è
importante, perché la 'continuazione' si
riferisce alla condizione dell'energia al
suo stadio primordiale, la quale si
manifesta senza interruzione.
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Allo stesso
modo l'opera di Gennaro Anziano, mentre, da
un lato, confluisce, con la moltitudine dei
termini nell'aspetto unitario del mandala
della conoscenza, dall'altro si rinnova,
secondo i termini applicativi quotidiani
dell'insegnamento, nella visione della
'continuità' del Tantra. Questa è un'altra
chiave di lettura del testo, rappresentata
proprio dall'insegnamento che l'uomo deve
ricevere per aprire i veli dell'avidya
(ignoranza). Adoperato come un supporto
mandalico il libro svolge la sua piena
funzione, ma l'insegnamento non è qualcosa
che si può apprendere solo in un libro,
essendo, lo stesso insegnamento fatto di
esperienza viva.
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La presenza di
un vero maestro è indispensabile per far
svegliare la nascosta energia che vive
all'interno dell'individuo, essendo
l'insegnamento la comprensione concreta
dello stato dell'esperienza umana, e non
qualcosa di sacro che appartenga ai templi o
alle scritture. Un praticante non è uno che
deve abbandonare la società e ritirarsi a
meditare su una montagna, perché
l'Illuminazione, o nirvana, non sono altro
che lo 'stato' al di là di tutti gli
impedimenti.
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Perciò il
praticante di Dzog-chen medita senza
meditare, perché l'insegnamento vive
nell'uomo. La mente è solo il flusso dei
pensieri che sorgono e spariscono
ininterrottamente.
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La vera
condizione è la natura della mente. Come la
si può comprendere se è al di là della
mente stessa? E' a questo punto che serve il
maestro, il quale può aprire alla
consapevolezza della propria condizione. La
mente è l'aspetto più sottile e recondito
della condizione relativa. Non è però
impossibile accorgersi della sua esistenza.
E' sufficiente osservare come sorgono i
pensieri e come ci lasciamo coinvolgere dal
loro contenuto. La mente è quel
'fiume ininterrotto' di pensieri: un flusso
inesauribile. E' un continuo sorgere e
sparire degli stessi. |
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Ma
al di là di questo flusso c'è la condizione
vera. Cos'è questo 'al di là' ? Se guardiamo
in uno specchio, vediamo che esso riflette
ogni cosa, bella o brutta che sia. La
bellezza e la bruttezza non dipendono dalla
natura dello specchio, perché essa è la sua
capacità di riflettere le cose "così come sono". Lo specchio non modifica e non è
modificato, e questa sua natura non è
visibile. |
La visione
della chiarezza dipende da uno specchio ben
lucidato, che rifletta al meglio.
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La
chiarezza non appartiene alla mente, ma
alla pura presenza dello stato primordiale,
al di là di bene e male. I sensi devono
essere vigili e presenti, perché sono le
porte della chiarezza. |
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L'incapacità
nell'uomo di osservare le cose con la
visione del puro stato, e
conoscerle, così come sono, è detta avidya,
cioè ignoranza. |
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Nel Dzog-chen
la 'conoscenza', cioè la vidya,
consiste nell'essere come lo specchio, la
cui natura non è contaminata dalle immagini
che, in esso, si riflettono. Allo stesso
modo, la mente del praticante, vive secondo
la vera natura, e non secondo l'influenza
che i pensieri suggeriscono, lasciando ad
essi la loro specifica qualità senza subirne
il 'colore'. |
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Come uno
specchio rimane libero, dalla qualità degli
oggetti riflessi, così, libera, rimane la
mente del praticante del Dzog-chen. |
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Superare tutti
i limiti nei quali ci siamo rinchiusi:
questa è la vera funzione dell'insegnamento. |
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Un altro mezzo
per comprendere il presente lavoro è quello
di considerare che qualsiasi insegnamento
viene trasmesso attraverso la cultura e le
cognizioni degli uomini. Ma è utile capire
che l'insegnamento non si fonda su tale
cultura perché esso e racchiuso nella
conoscenza della natura dell'individuo.
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La cultura
può avere un grande valore perché è il mezzo
che permette di comprendere il contenuto e
il fondamento di un insegnamento, ma cultura
non è l'insegnamento. |
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Sappiamo che
Buddha viveva in India e che, per
trasmettere la sua conoscenza, ha dato
origine ad una nuova forma di cultura, e,
per far questo, ha dovuto basarsi sulle
precedenti cognizioni degli indiani del suo
tempo. Così certe regole si adeguarono al
contesto in cui, le medesime, trovarono la
ragione della loro stessa esistenza.
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Le abitudini e
l'ambiente culturale di una persona sono
importanti per poter comprendere un
insegnamento, il quale deve diventare una
conoscenza viva in tutte le attività
quotidiane. Questa è l'essenza della
pratica. |
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Così anche un
monaco, senza rinunciare ai voti può
praticare il Dzog-chen. La medesima cosa
vale per un prete cattolico, per un
impiegato, per un operaio, i quali, senza
abbandonare il proprio ruolo nella società,
possono vivere il Dzog-chen, perché esso non
cambia l"uomo all'esterno, ma lo risveglia
internamente. |
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L'unica cosa
che vi chiederà un maestro di Dzog-chen è di
osservare voi stessi, per acquisire la
consapevolezza necessaria ad applicare
l'insegnamento nella vita di ogni giorno.
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Nel Dzog-chen
non si dà importanza alle opinioni e alle
convinzioni filosofiche. Tutte le teorie
filosofiche sono state create dall'uomo,
dalla sua mente, dualistica, fallace. |
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Il dualismo
è la vera radice della sofferenza e dei
conflitti. |
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Il maestro
è la porta della conoscenza e la sua
'trasmissione' è sempre presente nella vita
di un praticante. Il maestro che fa
risvegliare la conoscenza è il maestro
radice. |
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Nel Tantra
il fine della pratica è la trasformazione
delle cinque passioni nelle cinque saggezze.
Eliminarle vorrebbe dire di non poter usare
della loro energia, essendo i Tantra
insegnamenti basati sulla conoscenza e
sull'applicazione dell'energia. |
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Le passioni
vanno, invece, trasformate, e una volta
purificate il loro uso non solo non risulta
più dannoso, ma, per contro, assai utile. |
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Chiunque voglia approfondire
la via della conoscenza, trova nel testo un
manuale assai utile, perciò, mi auguro che
questa opera possa essere diffusa, nel
mondo, il più possibile, e che possa
apportare un grande beneficio per tutti.
Chögyal Namkhai Norbu
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Il
Sentiero Azzurro
Dizionario della Conoscenza
E' un'opera di 890 pagine. che tratta di Buddismo,
Cristianesimo,
Ebraismo,
Islam,
Induismo,
Taoismo,
Yoga,
Zen
e delle loro dottrine segrete.
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